Ritorno del figliol prodigo, Rembrant 1663
La parabola del figliol prodigo (Luca 15, 11-32) ci è nota come parabola del perdono: il figlio che torna a casa dopo aver sperperato le ricchezze e viene accolto dal padre con benevolenza.
A una più attenta lettura ciò che emerge sono invece la “modernissima” figura del padre e la trattazione di temi quali la liberalità e la donazione.
Nel diritto ebraico infatti chiedere un anticipo sull’eredità era considerato quasi un sacrilegio perché risultava come “augurarsi” la morte del genitore.
Emerge, come detto, quella che è una figura di un padre capace di superare credenze e resistenze ataviche e capace di concedere al
figlio questa eredità incoraggiandolo a vivere la propria vita.
Prima di affrontare gli strumenti giuridici con cui gestire con efficienza il passaggio generazionale della ricchezza, è bene soffermarsi sui blocchi
culturali e psicologici che hanno limitato, nel nostro paese, la loro diffusione.
Perché gli strumenti giuridici esistono e consentono di rendere la trasmissione della ricchezza efficiente da un punto di vista fiscale, di limitare le liti tra eredi
e di consentire a patrimoni indivisi di essere destinati a ciascun erede seguendone le proprie aspirazioni e capacità.
Quale il motivo allora del loro scarso utilizzo?
Partiamo da un affresco del nostro paese: non è un mistero che in Italia gran parte della ricchezza sia detenuta dai baby boomers, cioè da quella fascia di popolazione che ha attualmente più di 60 anni.
Fonte: Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, 2019
Unitamente a questo fenomeno di concentrazione per fascia di età dobbiamo registrare un aumento della speranza di vita media (82,7 anni); la combinazione dei due fenomeni ha dato vita a un vero e proprio “gap” o salto di passaggio generazionale che ha profondi effetti nella società.
Un’intera generazione “salterà” l’appuntamento con la trasmissione della ricchezza nella fase di costruzione della propria solidità patrimoniale.
Aggiungiamo un altro “colore” al nostro affresco: un’endemica sfiducia nelle capacità delle generazioni successive.
In Italia si dice “la prima generazione crea, la seconda mantiene, la terza distrugge”; all’estero il detto è spesso simile: “dalla risaia alla risaia in tre generazioni” si dice in Cina.
Un quadro di immobilità quindi, che può essere ravvivato solo attraverso degli atti pianificazione e di disposizione del patrimonio (testamento, donazione, trust, polizze ecc).
Questi strumenti sono nella pratica tecniche giuridiche e finanziarie e offrono soluzioni completamente “razionali”, spesso volontariamente ignorate o ritardate da chi dovrebbe disporle.
Veniamo quindi al punto centrale di questo contributo: la razionalità nella gestione del momento di pianificazione del passaggio patrimoniale deve essere l’obiettivo, ma dobbiamo ricordarci che tutto ciò che ha a che vedere con la successione è in larga parte irrazionale.
Basti solo ricordare che in alcune regioni Italiane il tasso di conflittualità riguarda 60 successioni su 100 e che questo determina la loro risoluzione in via stragiudiziale, con grave danno patrimoniale per i soggetti coinvolti.
Oppure che la gran parte dei detentori di patrimoni sta aspettando passivamente le conseguenze di un aumento (molto probabile) delle imposte di successione pur avendo a disposizione strumenti per evitarle.
Le motivazioni psicologiche di questo immobilismo sono molteplici: in primis il pensiero della morte genera (ed è naturale!) una irrazionalità che determina errori cognitivi e comportamentali. Inoltre l’inedita longevità crea poco desiderio di destinare ciò che ancora si sfrutta con vitalità.
Aggiungiamo poi che i legami familiari attengono più alle dinamiche del cuore che a quelle della ragione e spesso è il valore della persona il bene intangibile a fondamento della ricchezza di una famiglia.
Dobbiamo tenere presente che le famiglie sono fatte di persone e queste interagiscono sempre con le altre con sentimenti di amore, rispetto, rabbia, gelosia ecc. Anche quando ci sono buoni rapporti, le questioni legate al denaro possono creare situazioni di difficile governabilità.
Pur di non affrontare questi ostacoli si rimane fermi.
Come gestire in modo razionale ciò che appare così difficile da afferrare?
Il valore aggiunto del consulente finanziario, in questo contesto così apparentemente lontano dalla finanza, è proprio quello di porsi come punto di contatto tra le generazioni interessate al passaggio, per “costruirlo” attraverso l’ascolto dei desiderata del disponente e delle aspirazioni dei beneficiari.
Apportando cioè l’elemento della razionalità e della valutazioni di convenienza e opportunità alle scelte possibili.
Fiducia e metodo.
Fiducia, perché permette di conoscere gli aspetti tangibili e intangibili di un patrimonio, e metodo, perché solo un percorso strutturato e consapevole genera protezione e valore della ricchezza.
Torniamo alla parabola: non ci deve stupire l’irrazionalità della scelta del padre. Ci stupisca semmai il coraggio.
Rimanere immobili è dannoso: aumenta il rischio di lite successoria, mi farà pagare più tasse e soprattutto rischierò di mancare l’occasione per accrescere il capitale, anche umano, intellettuale e sociale della membri della famiglia.
Lorenzo Pacini - PQL
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